Step 26 - La chimica


Nel post di oggi ci occuperemo della chimica che coinvolge il nostro strumento. In quanto strumento scientifico, è ovviamente composto da materiali specifici e importanti ( per esempio quelli che compongono supporti, lenti....) e potrebbe essere interessante andare a scoprire la chimica che sta dietro ad essi. Tuttavia, trovo sia ancora più stimolante andare a scoprire la chimica che governa il suo processo fisico: stiamo parlando infatti di un apparecchio fototopografico, che sfrutta quindi i processi chimici della fotografia. 

Ovviamente la fotografia (così come la fotogrammetria e la topografia) ha avuto una sua evoluzione nel tempo: in questo post andremo ad analizzare il processo chimico che accompagnò la fase di fotografia analogica, temporalmente collocabile vicino alla fase di fotogrammetria analogica su cui ho preferito concentrare le nostre attenzioni nel corso del nostro viaggio. La branca della chimica che si occupa di ciò è la fotochimica, ovvero la chimica che si occupa delle reazioni chimiche indotte dall'interazione della luce.

L'elemento fondamentale per il nostro processo è l'argento. Quando si sottopone un alogenuro d'argento all'azione della luce, la radiazione assorbita gli cede l'energia necessaria per scindere il legame tra l'alogeno e il metallo. Il deposito di argento così formato è tanto più denso quanto maggiore è l'intensità dell'illuminazione ed è quindi possibile ottenere con una camera oscura un'immagine negativa del soggetto inquadrato. Tale annerimento diretto dell'alogenuro, detto effetto print-out, è stato il primo metodo utilizzato per ottenere delle immagini agli albori della fotografia, ma aveva l'inconveniente di richiedere tempi lunghissimi.

In figura: bromuro d'argento (AgBr), tipico sale fotosensibile utilizzato in fotografia

Fin dai primi tempi della fotografia, però, si scoprì casualmente che non era necessario attendere la formazione di un'immagine visibile sul materiale sensibile: anche dopo una breve esposizione era possibile, con un opportuno trattamento chimico, ottenere un'immagine perfettamente formata. Anche dopo un'esposizione molto breve si verifica la fotolisi del bromuro di argento in misura tale da formare un'immagine debolissima, non visibile a occhio nudo (immagine latente), ma sufficiente per provocare un'alterazione delle caratteristiche chimico-fisiche dell'emulsione. Trattando questa con particolari sostanze (rivelatore) si ottenne la formazione dell'immagine visibile, costituita da un insieme di granuli d'argento originati dalla riduzione (diminuzione del numero di ossidazione, ovvero acquisizione di elettroni) dei singoli cristalli di alogenuro. Sono questi che conferiscono all'immagine la caratteristica struttura granulosa. Nell'effetto print-out, l'energia necessaria per la riduzione dell'alogenuro ad argento metallico è fornita interamente dalla radiazione assorbita dall'emulsione, mentre nel secondo caso, la radiazione cede solo la piccola quantità di energia necessaria alla formazione dell'immagine latente.

In un primo momento, come citato nel post sui materiali ##, l'emulsione fotosensibile di sali d'argento veniva applicata su lastre di vetro, materiale usato principalmente per la sua grande resistenza e stabilità (soprattutto se di grandi dimensioni). 


Bibliografia:

https://www.chimicamo.org/tutto-chimica/i-processi-chimici-della-fotografia-3/

http://www.archiviocaltari.it/2011/12/15/fuorifuocoextra-sulle-tecniche-di-stampa/

http://www.larapedia.com/chimica_fotografia_in_bianco_e_nero/chimica_fotografia_in_bianco_e_nero.html

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